Medicina e ricerca

Congresso Asco/ Tumore della mammella in stadio iniziale, la terapia adiuvante riduce il rischio di recidiva del 25%

di Saverio Cinieri *, Michelino De Laurentiis **, Fabio Puglisi ***

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Passi avanti nel trattamento del tumore del seno in stadio iniziale. La terapia adiuvante, cioè successiva alla chirurgia, con ribociclib riduce del 25% il rischio di recidiva nel tumore della mammella in stadio precoce (stadio II e III). Lo dimostrano i risultati dello studio registrativo di Fase III NATALEE presentati al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (American Society of Clinical Oncology, Asco) in corso a Chicago fino al 6 giugno. I dati mostrano che ribociclib in associazione con la terapia endocrina, rispetto alla sola terapia endocrina, riduce il rischio di recidiva del 25,2% nei pazienti con tumore della mammella in fase iniziale in stadio II e III, positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-), oltre ad un beneficio di sopravvivenza libera da malattia invasiva consistente e clinicamente significativo nei principali sottogruppi prespecificati.
Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 55.700 nuovi casi di carcinoma della mammella, il più frequente in tutta la popolazione. La terapia adiuvante della malattia radicalmente operata può essere considerata uno dei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent’anni. Infatti, nonostante il costante aumento dei casi, la mortalità è diminuita del 6,8% dal 2015 al 2021, non soltanto per effetto della diagnosi precoce attraverso programmi di screening, ma anche per l’efficacia della terapia adiuvante. La sopravvivenza a 5 anni infatti raggiunge l’88% e pone il nostro Paese ai vertici in Europa. Sono tre i trattamenti adiuvanti: chemioterapia, ormonoterapia e terapia biologica, proposti alle pazienti in base allo studio del singolo caso, alle caratteristiche della neoplasia e alle condizioni fisiche della donna. Purtroppo, però, per molte pazienti in generale non vi sono strumenti efficaci per ridurre in maniera sostanziale il rischio di recidiva. I risultati significativi dello studio NATALEE mostrano il potenziale di ribociclib di cambiare la pratica clinica. Ridurre le recidive, inoltre, significa contenere il considerevole costo per il sistema sanitario in termini di farmaci, visite e ospedalizzazioni necessari quando la malattia diventa metastatica, oltre alle conseguenze negative sulla qualità di vita.
Per ridurre il rischio di recidiva, le pazienti con carcinoma mammario in stadio precoce, positivo per i recettori ormonali e HER2 negativo, assumono il trattamento ormonale standard di durata compresa tra 5 e 10 anni, in aggiunta o meno alla chemioterapia. Nello studio NATALEE, che ha coinvolto oltre 5000 pazienti, ribociclib è stato somministrato per 3 anni insieme all’ormonoterapia. In questo modo è stato ridotto di un ulteriore 25% il rischio di recidiva, in una popolazione di pazienti molto vasta, che include anche le donne senza coinvolgimento linfonodale. Ci auguriamo che la disponibilità della terapia avvenga quanto prima, perché potremo offrire un’opportunità terapeutica efficace a una grande platea di pazienti. Circa il 70% delle donne presenta un carcinoma mammario con recettori ormonali positivi e HER2 negativo e almeno metà ha le caratteristiche delle pazienti incluse nello studio NATALEE. Quindi circa 20mila donne ogni anno, in Italia, potrebbero beneficiare di questa terapia, che ha già evidenziato di essere molto efficace nello stadio metastatico, garantendo una buona qualità di vita.
L’evento più impattante dal punto di vista clinico, nel carcinoma mammario operato radicalmente, è la comparsa di recidive a distanza, che si associa ad un drammatico peggioramento prognostico. Le pazienti con tumore della mammella in stadio precoce con recettori ormonali positivi e HER2 negativo restano a rischio di recidiva, perché la malattia si ripresenta in un terzo dei casi inizialmente in stadio II e nella metà di quelli esorditi in stadio III. Inoltre, il 90% delle recidive che si sviluppano entro 5 anni portano alla malattia metastatica. L’evoluzione della patologia da stadio iniziale a metastatico ha ripercussioni negative non solo sulla sopravvivenza, ma anche sulla qualità di vita dei pazienti. I dati dello studio NATALEE rappresentano un ulteriore passo avanti per portare a guarigione un maggior numero di pazienti. Questi risultati potranno avere un impatto maggiore di quanto ottenuto in passato nel trattamento adiuvante con la chemioterapia o con l’ormonoterapia basata sugli inibitori dell’aromatasi.

* Presidente Aiom (Associazione italiana di Oncologia medica)
** Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione "G. Pascale" di Napoli
*** Direttore del Dipartimento di Oncologia medica all’Irccs Cro di Aviano, Professore ordinario e Direttore della scuola di specializzazione in Oncologia Medica all’Università degli Studi di Udine


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