Lavoro e professione

Il manuale per capire la politica del farmaco

di Renato Balduzzi

Non dovrebbe passare inosservata la pubblicazione di un volume come “Diritto del farmaco”, di Giuseppe Franco Ferrari e Fausto Massimino (Bari, Cacucci, 2015), considerata sia l’importanza del settore, dal punto di vista economico-finanziario e la sua emblematicità quale caso di studio dell’intreccio tra politiche e regole normative che coinvolgono molteplici livelli istituzionali (sovranazionale europeo, nazionale, regionale e “locale”, nel senso di aziendale e interaziendale), sia l’approccio prescelto dagli autori, di misurarsi integralmente con l’articolato sistema normativo in tema di medicinali, inserendolo in un più ampio sfondo ordinamentale, come il sottotitolo del volume evidenzia (“Medicinali, diritto alla salute, politiche sanitarie”).

Sta probabilmente qui la peculiarità del testo, anche rispetto ad apprezzati lavori giunti a plurime ristampe e nuove edizioni, come “Legislazione farmaceutica” di Paola Minghetti e Marcello Marchetti (caratterizzato da un’attenzione specifica al sistema farmacie) o “La prescrizione e la somministrazione dei farmaci” di Luca Benci, curvato in modo speciale sui profili della responsabilità giuridica e deontologica dei professionisti sanitari, testi cioè scritti da (e rivolti a) operatori del settore, aventi come principale obiettivo quello di orientare, a fini di studio o di soluzione di problemi operativi, restando impregiudicata la risposta all’esigenza di un respiro sistematico dell’intera materia. E questo già dovrebbe rappresentare un motivo sufficiente di attenzione per il nuovo “manuale”, del quale gli autori sono del resto ben consapevoli, se è vero che, in sede di presentazione, propongono quale criterio per giudicare la loro fatica proprio la valutazione sull’idoneità del testo a dar conto in modo sistematico di una materia considerata sino a oggi terreno esclusivo dei pratici.

La struttura del libro
Il volume, dopo avere inquadrato la nozione di medicinale (o farmaco: i due termini sono, com’è noto, completamente fungibili), precisato i rapporti con nozioni affini (presidi medico-chirurgici o biocidi, dispositivi medici) e illustrato i soggetti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano, dedica i capitoli centrali, da un lato, all’esame dello sviluppo, della sperimentazione e della registrazione dei farmaci e, dall’altro, al regime dei prezzi e al rapporto con le risorse destinate alla sanità (che il testo indica con la locuzione, ormai superata salvo che per il mondo giornalistico, di “fondo sanitario nazionale”). Dopo due capitoli rispettivamente dedicati al regime di pubblicità e di informazione, e ai contratti tra imprese farmaceutiche, l’esame si allarga al ruolo delle Regioni nella politica del medicinale dopo la revisione del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, per concludere con due capitoli finali, l’ottavo, dedicato alla disciplina della protezione delle scoperte nel campo dei medicinali, e il nono, avente per oggetto la distribuzione dei medicinali (intermedia, finale, diretta e per conto) e la razionalizzazione del sistema degli acquisti pubblici.

Difficile sottolineare i profili di maggiore interesse, anche ricostruttivo. Certo, particolarmente accurate appaiono le parti sul regime dei prezzi e sulla sua problematica e stratificata formazione, anche se in taluni passaggi la posizione e le esperienze professionali degli autori rischiano di “schiacciare” la ricostruzione su una delle posizioni che si sono confrontate e che tuttora si confrontano (rischio particolarmente evidente nelle pagine sui prontuari farmaceutici regionali e sulla pubblicità dei medicinali). Così pure va segnalata l’attenzione dedicata alle figure professionali e ai nuovi ruoli aziendali (pp. 241 ss.), che stanno gradualmente trasformando la tradizionale figura dell’informatore scientifico.

Il manuale evidenzia esattamente le caratteristiche peculiari del mercato farmaceutico e la sua assoluta atipicità rispetto agli altri ambiti merceologici, descrivendo compiutamente la pluralità di forme e strumenti contrattuali che lo connotano. Va in proposito sottolineato (e su questo tema gli autori potrebbero, in futuro, valutare se svolgere un approfondimento) che la consapevolezza di tale atipicità parrebbe essere attenuata dall’assunto (p. 252) secondo cui “la diade medico-paziente” - seppure con ruoli diversi - «costituisce, in via abbinata, quella categoria complessa entro cui possono essere identificati il cliente e il consumatore, categorie cui si rivolge l’attività delle imprese».

Il ruolo delle Regioni nelle politiche del pharma
Così pure, l’esigenza di un’ulteriore riflessione sembra emergere dalle pagine dedicate (capitolo VII) al ruolo delle Regioni nella politica del medicinale dopo la revisione del Titolo V della seconda parte della Costituzione, avvenuta nel 2001. Va qui anzitutto ribadito che l’inserimento di tale riflessione costituisce un motivo indubbio di interesse del manuale. Il tema richiederebbe comunque un ulteriore affinamento, che proprio la pubblicazione del manuale potrebbe stimolare, in almeno due direzioni.

Contesto storico e articolazione territoriale
In primo luogo, sotto il profilo della ricostruzione storica. Che la riforma del 2001 si ponga come «lo spartiacque che ha portato all’attuale complessità del rapporto tra Stato e Regioni» (p. 271) è infatti affermazione problematica, posto che l’assetto di tali rapporti in sanità non è stato significativamente modificato da quella revisione, la quale anzi si può dire abbia confermato il modello di Servizio sanitario nazionale emergente dalle diverse riforme legislative che hanno interessato la sanità italiana (1978, 1992 e 1993, 1999; ma lo stesso sarebbe da dirsi della riforma del 2012). Che le cose stiano così, è d’altra parte affermato in più luoghi del manuale stesso, dove si ricorda esattamente che, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale, i poteri regionali in tema di farmaci, prima e dopo il 2001, sono rimasti i medesimi (p. 285, p. 287).

In secondo luogo, è possibile dubitare che la caratteristica negativa del nostro sistema sanitario sia «il contesto organizzativo articolato intorno a una pluralità di modelli di regolazione a livello regionale» e che pertanto la soluzione sia quella di rimettere al centro le competenze in materia. Anche trascurando l’argomento (che pure è di spessore) per cui quello sanitario è il meglio accreditato nel mondo tra i nostri sottosistemi di servizi in senso lato pubblici e al tempo stesso il più regionalizzato, rimane la circostanza che con l’attuale riparto di competenze non è mai stata messa in dubbio né la spettanza statale della disciplina generale del farmaco, né che discipline legislative statali, anche molto incisive sulla sfera di competenza regionale concorrente, fossero imputate di illegittimità costituzionale. Qui semmai, anche sotto il profilo della valutazione delle prospettive di revisione costituzionale attualmente in corso, vi sarebbe da dubitare sulla bontà di cambiamenti che, sopprimendo il sistema delle competenze concorrenti, ripartiscano la materia tra una competenza statale esclusiva in tema di tutela della salute e una regionale (sempre esclusiva!), in tema di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari, stante gli evidenti intrecci e connessioni tra l’una e l’altra.

Ma questo è argomento che esula dal volume di Ferrari e Massimino, e che semmai potrebbe indurre a considerazioni circa la volontà, da parte della revisione in corso, di superare l’atipicità del modello sanitario: il che comporterebbe la medesima conseguenza anche per il settore del farmaco, che gli autori, richiamando il lessico di Massimo Severo Giannini, qualificano come vero e proprio “ordinamento sezionale” (anche se forse, in base a quanto sin qui detto, potrebbe essere considerato piuttosto come una sottosezione) e del quale hanno ricostruito, con interessante capacità sistematica, i principi e le regole di fondo.


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