Medicina e ricerca

Malattie non trasmissibili e riduzione del rischio: medicina dello sport in prima linea

di Fabio Pigozzi*

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Le malattie non-trasmissibili (NCDs), malattie croniche e multifattoriali principalmente rappresentate da patologie cardiache, diabete, cancro e malattie respiratorie sono responsabili del 91% dei decessi in Italia. A livello globale rappresentano il maggiore allarme per la salute pubblica anche per il loro peso in termini economici. Attualmente le NDCs sono responsabili del decesso di sette persone su 10 (41 milioni nel mondo), tra cui 15 milioni in età tra i 30 e i 69 anni. Un dato particolarmente marcato nei paesi in via di sviluppo.

La risoluzione Onu firmata lo scorso settembre in occasione della 73esima edizione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, punta a ridurre di oltre il 40% il numero dei morti entro il 2025. Un progetto che prevede leggi e misure fiscali per proteggere i cittadini dai principali fattori di rischio (tabacco, alcolici, bevande zuccherate). Campagne di educazione pubblica, vaccinazioni contro il virus HPV e misure contro ipertensione e diabete. Non sarà dunque più procrastinabile la messa a punto di azioni a livello mondiale, rendendo necessario anche un forte sostegno alla ricerca e allo sviluppo di competenze specifiche, alla promozione dell’innovazione tecnologica e alla spinta delle best practices di riforma sociale. Sarà inoltre indispensabile nelle politiche sanitarie un mutamento totale di metodo con il passaggio da una medicina clinica a una medicina di prevenzione, orientata anche a indirizzare un cambiamento degli stili di vita, tenuto conto che misure di intervento verso l’obesità, il tabacco, l’alcool e l’inattività fisica hanno già dimostrato di possedere un ruolo di formidabile strumento di prevenzione delle malattie non trasmissibili.

E proprio quello della riduzione del rischio attraverso la prevenzione è un tema che vede da sempre in prima linea la Medicina dello Sport, specialità multidisciplinare nata in Italia, prima nel mondo nel 1957. Questa disciplina possiede già da oggi uno straordinario background di conoscenze e di esperienze, affinate grazie all’attività condotta su atleti di primo livello, che può e deve essere messo a diposizione di tutta la popolazione mondiale, proprio al fine di ridurre il rischio di patologie non trasmissibili con conseguente miglioramento della salute del singolo e del potenziamento della sostenibilità dell’intero sistema. Sebbene i progressi della scienza ci abbiano messo a disposizione vari metodi di prevenzione e di riduzione del rischio, l’esercizio fisico prescritto nella “giusta dose” ippocratica da parte dello specialista in Medicina dello Sport, può rappresentare il primo, più utile e più facilmente accessibile strumento di riduzione dell’infiammazione e, quindi, di contrasto alle malattie non trasmissibili.

Recenti ricerche hanno, infatti, avvalorato gli effetti positivi dell’esercizio fisico sulle cellule malate, con conseguenze estremamente importanti per il patrimonio epigenetico transgenerazionale. In poche parole, la prevenzione primaria comincia prima del concepimento e continua per tutta la vita, al fine di migliorare l’età “biologica” – ovverosia lo stato di funzionamento – rispetto all’età anagrafica. In conclusione, l’attività fisica, nella prevenzione primaria, riduce la gran parte di tutte le cause di mortalità, in particolare quelle cardiovascolari e apporta benefici sui fattori di rischio cardiovascolari e metabolici in soggetti sani. Nella prevenzione secondaria, la sport-terapia basata su un esercizio mirato e pianificato individualmente, è parte integrante di un programma multidisciplinare riabilitativo che dopo un evento patologico diagnosticato, migliora la sopravvivenza e la qualità di vita e riduce le spese per la sanità pubblica.

Il modello italiano della medicina dello sport nell’ambito della prevenzione con lo screening partecipativo (prima legge nel mondo dal lontano 1950 - e nell’ambito della formazione – prima scuola di specializzazione nel mondo a Milano nel 1957) – costituisce un valore preso d’esempio a livello globale che premia innanzitutto la lunga tradizione e la considerazione della nostra Scuola Medico Sportiva nel mondo, anche grazie alla costante collaborazione con la Federazione Medico Sportiva Italiana con la quale è stato portato avanti un lavoro di prevenzione e certificazione medica, senza i quali i rischi per la salute dei praticanti attività sportive crescerebbero in percentuali inimmaginabili. E' un progetto con un orizzonte molto lontano. Ma va portato avanti con convinzione. Consapevoli che ogni passo indietro può rappresentare un colpo alla salute del singolo individuo.

*Rettore dell'Università degli Studi di Roma Foro Italico, professore ordinario di Medicina Interna, Presidente della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport


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